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RIPALTA (villa)

Questo villaggio sito su di una dorsale collinare, oltre Piticchio verso S. Pietro e Loretello, è documentato la prima volta nel 1220 quando alcuni feudatari del luogo si sottomettono al comune di Rocca Contrada.

Ripalta dalla seconda metà del 1300, munita di una torre di difesa ed in parte fortificata, viene menzionata come castello. Nel 1413 in occasione dell’assedio di R.C., le milizie malatestiane la distrussero lasciando solo una torre che fu affidata a Giacomo Castracane. Ridotta di nuovo a villa e persa ogni autonomia, Ripalta fu annessa a Piticchio con parte del suo territorio.

Nelle sue vicinanze S.Silvestro fondò prima del 1238, il suo terzo monastero, quello di S. Marco che con S. Bartolo di Rocca Contrada furono i soli almeno fino alla fine del Duecento ad essere eretti dai silvestrini nella diocesi di Senigallia. Nel 1265 il vescovo di Senigallia Giacomo donava ai monaci di S. Marco la chiesa di S. Bartolomeo di R.C. per dar loro un luogo più sicuro e meglio protetto dalle scorrerie banditesche e dalla guerra in corso con Fossombrone. La nuova sede non determinò però la chiusura dell’eremo di Ripalta che i monaci cercarono di tenere in vita almeno sino al Quattrocento inoltrato. Agli inizi del 1500 S. Marco era però in uno stato di totale abbandono. Verso la fine del 1600 rimaneva appoggiata ai ruderi del monastero solo la piccola chiesa, officiata forse fino alla fine del 1700, segnalata nella mappa del territorio arceviese eseguita da Gaspare Ottaviani. Nel catasto gregoriano del 1818 è riportato solo il toponimo S. Marco, mentre nel censimento delle chiese arceviesi del 1862 non viene più ricordata.

Al monastero di Ripalta è legata la memoria di due discepoli di S. Silvestro ancor oggi tenuti in particolare venerazione nella zona per la loro vita esemplare: i beati Simone (morto prima del 1265) e Benvenuto (morto nel 1273) entrambi considerati originari del Piticchio.

La vita dei due beati, segnata da numerosi eventi miracolosi, è stata stampata nel 1775 a Jesi dal monaco silvestrino C.S. Franceschini, che attinse alle notizie copiose che il ven. Andrea di Giacomo da Fabriano, loro contemporaneo, riporta nella vita del Santo fondatore, raccontando gli avvenimenti che interessano l’eremo di Ripalta.

Nella parrocchiale di Piticchio, come già detto, è conservato un quadro secentesco raffigurante i due beati ai piedi della Madonna con il Bambino con sullo sfondo il castello omonimo.

Al centro di Ripalta troviamo la chiesa di S. Gregorio costruita nel 1857 con il materiale proveniente dalla demolizione (1856) dell’antica S. Bartolomeo vicina al borgo e della pieve di S. Gregorio. S. Bartolomeo di Ripalta, richiamata nel pagamento delle decime del 1291, era dipendente dalla pieve di S. Gregorio, compresa nel sesto di Sassellero.

La pieve di S. Gregorio, menzionata nella bolla di Onorio III al vescovo Benno di Senigallia del 1223 aveva la giurisdizione sulle chiese di S. Bartolomeo di Ripalta, S. Pietro di Colpizzano, S. Savino e S. Ubaldo (e forse S. Silvestro) del Montale, S. Angelo di Valle e S. Nicolò del Piticchio. Era sita tra Piticchio e Ripalta dopo il torrente Acquaviva, nel luogo che il catasto gregoriano del 1818 indicava come “oratorio di S. Gregorio”. Dalla fine del 1300 venne ridimensionata nelle sue funzioni a seguito della concessione da parte del vescovo di Senigallia del fonte battesimale alla chiesa di S. Nicolò di Piticchio. Persa gradualmente la funzione di pieve agli inizi del Cinquecento, S. Gregorio fu ridotta a chiesa rurale. Tra il 1724 ed il 1725 il beneficio di S. Gregorio e quello dell’abbazia di S. Maria della Piana vennero concessi al card. Pico della Mirandola, che nel 1734 li cedette ai Montanari di Senigallia. Agli inizi del 1800 la chiesa, registrata nel catasto gregoriano come oratorio, era già in abbandono. Fu demolita come detto nel 1856.


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