CIVITALBA (contrada)
In questa contrada, su di un poggio tagliato quasi a metà dal confine tra i comuni di Arcevia e Sassoferrato, sorse un abitato romano documentato nel II sec. a.C. Secondo il Brizio che qui effettuò una campagna di scavi negli anni 1897-98 e seguenti l’abitato fu in origine un centro gallico assai importante preesistente alla battaglia di Sentino del 295 a.C. L’archeologo individuò resti di muri di case romane, una strada lunga più di cento metri e le mura di cinta, ancora visibili in alcuni punti, formate da “ciottoli ovoidali alternati con blocchi quadrati di travertino” ed una fornace per la cottura della ceramica di età romana. Il Brizio portò alla luce anche un complesso di terrecotte, di particolare valore storico artistico, che decoravano un tempio o santuario qui esistente di dimensioni piuttosto piccole, costruito forse per commemorare la vittoria dei Romani sui Galli dopo la battaglia di Sentino.
Il fregio di questo edificio sacro rappresenta la Fuga dei Galli con il bottino dopo il saccheggio di un tempio per l’intervento delle divinità tutelari dello stesso.
Fanno parte del complesso le terrecotte del frontone rappresentanti il Corteo del dio Bacco (figura centrale mancante): satiri, menadi, amori, venti e varie divinità che accompagnano il dio alla scoperta di Arianna dormiente. Il complesso fittile è attualmente conservato in Ancona al Museo Archeologico Nazionale delle Marche.
In quest’area sorse tra il X e l’XI sec. l’importante castello di Cavallo Albo, per iniziativa di una consorteria, di probabile estrazione militare, di origine longobarda. Nel 1024 un certo Ottaviano di Giuseppe donò parte del castello e della sua corte all’abbazia di Farfa, i cui monaci avevano fondato il monastero di S. Vittoria in Matenano, presso Fermo, dopo la distruzione della loro abbazia nell’898 da parte dei saraceni. Questo castello, confermato all’abbazia sino al 1118, fu agli inizi del XIII sec. oggetto di contesa tra i comuni di Rocca Contrada e Sassoferrato, i quali verso la metà del secolo si divisero questo territorio trasferendo gli abitanti nei rispettivi capoluoghi. Cavalalbo fu abbandonato. Nel 1373 in occasione di una confinazione tra Arcevia e Sassoferrato oltre ad un trivium ed una via Civite è menzionato il castellare civite Cavalalbi, riferibili ai resti dell’abitato romano e del castello medioevale. Ancora alla fine del 1800 viene riportato nelle carte topografiche il toponimo Case Civita. Il nome più tardo dato alla contrada, Civitalba, sarebbe frutto di una manipolazione erudita volta ad accreditare l’esistenza, nell’area, dell’antica città di Alba proposta dal Brandimarte, e deriverebbe, come ritiene il Villani, dalla fusione impropria dei due vocaboli di Civita e Cavalalbo.